Si parla spesso di call to action, ma che cos’è?
In questo articolo cercheremo di spiegarvi il suo significato, la sua importanza e la sua utilità e come è meglio farla.
CALL TO ACTION: COS’È, ESEMPI E VANTAGGI
La traduzione più comune di call to action è invito all’azione. Questo significa che chiediamo all’utente di fare qualcosa. Qualcosa di utile sia per noi sia per lui.
Vediamo alcuni esempi
Compra adesso;
Visita la pagina dello shop;
Registrati;
Iscriviti alla newsletter;
Guarda il video;
Contattaci per avere più informazioni;
Chiedi un preventivo;
Clicca su questo link;
Condividi se ti piace;
Metti un like;
Attiva la campanella degli avvisi per rimanere sempre aggiornato;
Abbonati.
Come potete vedere, alcune sono squisitamente di tipo commerciale e quindi legate alla vendita. Altre, invece, sono un po’ meno dirette e mirano a creare un legame tra l’utente e l’azienda o a fare branding facendo sì che il nome del brand o del prodotto si diffonda.
Questi ultimi due casi si hanno soprattutto quando si fa content marketing, cioè quando si creano contenuti come articoli di approfondimento o si danno delle notizie. In altre parole quando si vuole intercettare le ricerche di tipo informazionale.
Qual è il vantaggio dell’utente in questo caso? Se mette il like, esprime un’opinione e se condivide il contenuto fa partecipi i suoi amici di una cosa che per lui è interessante.
COME SI FA?
Tuttavia, non basta sapere che cos’è la call to action e neanche a che cosa serve. Bisogna anche sapere come si fa.
Nel farlo, bisogna chiedersi perché l’utente dovrebbe seguire la nostra indicazione e fare quell’azione.
Allora, nel content marketing, la motivazione è implicita nella richiesta. “Se l’articolo ti è piaciuto, metti un like o condividilo”.
Lo è anche quando la call-to-action è del tipo “clicca sulla campanella degli avvisi per rimanere sempre aggiornato”. Tra parentesi, questa è tipica di YouTube. Si dà per scontato che il fruitore di quel contenuto lo apprezzi.
Invece, se un articolo è di tipo commerciale, la situazione è più articolata.
Prendiamo lo schema classico Aida. Azione interesse desiderio azione.
Che cosa significa? Vuol dire che dobbiamo attirare l’attenzione di un cibernauta, parlare di un problema che potrebbe avere e mostrarne bene gli svantaggi.
Possiamo anche evidenziare i vantaggi della sua soluzione (ma a volte si lasciano impliciti).
Plus e valori
Questo però non basta ai fini della call to action: dobbiamo anche spiegare perché deve scegliere proprio noi per risolverlo.
Non solo: se è possibile, mettiamo in evidenza i nostri valori per creare un legame con chi li condivide. Se i nostri prodotti non sono testati sugli animali, diciamolo.
Ma se il nostro prodotto non serve a risolvere un problema?
Che problema risolve una barretta di cioccolato? Nessuno, però è buona.
In questi casi, la situazione non cambia. Infatti, dobbiamo dire o far capire al pubblico i motivi per cui deve mangiare proprio la nostra barretta di cioccolato (perché è fatta con cioccolato belga, perché viene perché viene da coltivazioni equosolidali, perché non è fatta con prodotti di origine animale).
La call to action deve essere pensata in base al target di riferimento e deve avere il tono di voce dell’azienda o del prodotto.
Da questo dipende anche la scelta tra cat soft e cat dirette o addirittura un po’ aggressive.
In evidenza
Graficamente, la call to action può essere un pulsante su cui il lettore deve cliccare. Questo soprattutto nei social. La famosa campanellina da attivare ha proprio la forma di una campanellina.
Su alcuni siti, le cat sono in grassetto e/o di un colore diverso dal resto del testo.
Adesso che avete imparato il significato di call to action, ve ne chiediamo una noi: condividete questo articolo sui social (se vi è piaciuto).
