Come si fanno le maiuscole accentate? E perché è importante saperlo?
DIGRESSIONI
Prima di spiegarlo, facciamo una domanda: quante sono le vocali nell’alfabeto italiano? Intendiamo quello senza caratteri stranieri. Cinque, diranno molti di voi. È quello che ci insegnano alle elementari.
Ci dicono anche che aiuole è una parola speciale perché contiene tutte e cinque le vocali. Un po’ come soqquadro, che è l’unica parola italiana con due q. Volendo, ci sarebbe anche Aqquilini, un personaggio de L’Ottavo Nano. Invece, taccuino è l’unica parola con -ccu + vocale.
Però non è vero: le vocali non sono cinque bensì sette. Infatti, ci sono due o e ci sono due e.
Ci sarebbero anche due s (quella di inizio parola e quella intervocalica) e due z (quella sorda e quella sonora). Naturalmente, parliamo di “s pura”.
In latino e in greco c’erano le vocali brevi e le vocali lunghe. Addirittura, nell’alfabeto greco c’erano due e: epsilon per (quella breve) ed eta (quella lunga). E due o: omicron era quella breve e omega era quella lunga. In questo secondo caso, i nomi sono eloquenti: infatti, micro e mega significano rispettivamente piccolo e grande. Come in italiano.
La conoscenza della lunghezza delle vocali è importante ai fini dell’accentazione e della lettura in metrica.
Tuttavia, le due o e le due e in Italiano sono una cosa diversa. Infatti, la differenza riguarda la pronuncia: aperta o chiusa. Il punto è che non c’è quasi mai il modo di distinguerle. Perché l’accento tonico in italiano si segna graficamente solo quando la parola è tronca o si mette sui monosillabi che possono essere confusi con altri omografi.
Per esempio, abbiamo “da” preposizione e “dà” verbo. Infatti, do inteso come verbo si scrive senza accento perché è improbabile che venga confuso con do inteso come nota.
Il fatto è che la maggior parte delle parole italiane è piana. Significa che l’accento cade sulla penultima sillaba.
È anche raro trovare (a volte capita) l’accento grafico su parole sdrucciole o bisdrucciole che possono essere confuse con termini omografi.
Di conseguenza, o si sa come si pronuncia una parola o si rischia di sbagliare. Soprattutto quando il significato cambia a seconda della posizione dell’accento o a seconda che la vocale sia aperta o chiusa.
È vero, molto dipende dal contesto e dall’italiano regionale che si parla.
COME SI FANNO LE MAIUSCOLE ACCENTATE?
Vediamo che cosa succede quando si scrive. Ora. per la a, la o e la u c’è poco da scegliere: l’accento è sempre grave. Invece, quando si sono le o e la e bisogna decidere quale tasto schiacciare.
Ma ammettiamo che uno sappia bene queste cose. Il problema nasce quando si scrivono le lettere maiuscole. Ecco che ritorniamo alla domanda iniziale: come si fanno le maiuscole accentate?
1) Copiando e incollando da Internet (se è necessario, si cambiano il font e le dimensioni).
2) Utilizzando i codici ascii.
3) Andando su inserisci-simbolo e scegliendo l’opzione giusta.
4) Selezionando la parte interessata e schiacciando F3 (non si può fare su tutti i dispositivi o neanche su tutti i computer).
5) Mettendo l’apostrofo ma non è corretto e poi si perde la differenza tra accento acuto e accento grave.
6) Selezionando la parte interessata e andando su formato-maiuscole.
7) Utilizzando tool come Convertcase.
Come esercizio, provate a fare delle maiuscole accentate utilizzando uno di questi sistemi (tranne il 5).