“Esistono due tipi di traduzione: quella brutta e fedele e quella bella e infedele”. Lo ha detto Fabrizio De André, che preferiva la bellezza alla fedeltà.
In un’altra circostanza, ha rivelato che le traduzioni per lui erano un modo per tenersi in esercizio durante i periodi in cui si sentiva poco creativo e un atto di umiltà perché si poteva confrontare con chi aveva saputo esprimere qualcosa meglio di lui.
LINGUE MAGGIORI E LINGUE MINORI?
Naturalmente, ogni traduzione ha un risvolto socio-culturale perché contribuisce a far conoscere un autore anche a chi non lo parla (bene) la sua lingua.
Alcuni scrittori hanno preferito o preferiscono produrre direttamente in una lingua più mainstream rispetto alla loro.
A parte chi sceglie di scrivere in inglese (si può anche capire, soprattutto in alcuni settori), possiamo citare il caso di Ágota Kristóf, autrice ungherese che scriveva in francese, e di Milan Kundera, passato dal ceco al francese. Il capolavoro di quest’ultimo, L’insostenibile leggerezza dell’essere, è nato in lingua ceca.
Tra i romanzi “anglofoni”, cito Dimma – The Darkness dell’islandese Ragnar Jónasson.
AMORE E FURTO
Tradurre non significa traslare le parole da un idioma all’altro ma bisogna adattare il testo al contesto.
Francesco De Gregori ha tradotto Sweetheart Like You di Bob Dylan e l’ha intitolata Un angioletto come te. Inoltre, taglia la parte in cui si parla di un pavimento ignifugo (fireproof floor) perché secondo lui questa frase ha senso solo in un posto dove le case sono di legno.
Invece, in Tweedle Dee & Tweedle Dum parla di un negozio di attacchi da sci. Nell’originale invece i protagonisti si occupano di altro. Il Principe ha spiegato che la cosa importante non era l’attività commerciale in sé ma dare l’idea di un negozio strano.
Un bell’esempio di adattamento al contesto è Il nome del figlio. Nell’originale c’è Hitler e in quello italiano invece c’è Mussolini.
CONOSCENZA E TRADUZIONE
Alcuni traduttori hanno la fortuna di potersi confrontare con il proprio autore. Per esempio, Monica Capuani, che è la traduttrice in italiano dei romanzi di Amélie Nothomb.
Un altro fattore che aiuta molto è la conoscenza della materia, che può essere altrettanto importante della conoscenza della lingua da cui si traduce (o forse di più?).
Nel post sui 9 tipi di parole chiave, la conoscenza della seo è stata importante almeno quanto la comprensione del testo in inglese.
TRADUZIONE VERSO UNA LINGUA SORELLA
Sicuramente, il passaggio da un idioma a uno simile può rendere il lavoro più agevole. Se non altro per l’assonanza. Possiamo ricordare alcuni brani di Georges Brassens tradotti in milanese da Nanni Svampa. A mio giudizio, la qualità dei rifacimenti in italiano degli stessi pezzi è più bassa.
Attenzione però ai falsi amici, le parole che omografe o simili che hanno un altro significato. Addirittura opposto, offensivo o buffo.
Pensate a burro, che in portoghese e in spagnolo, come sapete, significa asino. Abbiamo già affrontato questo argomento quando abbiamo parlato del naming.
ERRORI DI TRADUZIONE
Ricordiamoci anche che una lingua non è fatta solo di vocaboli e di grammatica ma anche di ritmo, suono e di una specie di tono di voce e bisogna tenerne conto. Anche per questo motivo, ci sono traduzioni impeccabili dal punto di vista formale che suonano un po’ innaturali.
Altri errori che ho riscontrato qua e là sono i seguenti.
1) Non considerare la differenza di contesti culturali. Un personaggio (o un fatto) molto noto negli Stati Uniti potrebbe non esserlo in Italia. E viceversa.
2) Non considerare che alcune parole straniere entrate in una lingua assumono un significato diverso rispetto all’originale. Ad esempio, se si parla di calcio è errato tradurre gol con obiettivo. Come è errato usare gol in un contesto diverso da quello calcistico (non so se nella pallamano e nell’hockey si usi questo termine).
Allo stesso modo, in italiano film non significa pellicola e mouse non significa topo. Non si utilizza la parola puntatore e non abbiamo italianizzato seo (qualche tempo fa abbiamo visto che in francese si dice omr, optimisation pour les moteurs de recherche).
FINALE (ANZI, INIZIO)
A proposito di traduzioni belle, voglio concludere con l’incpit dell’Iliade secondo Vincenzo Monti.
Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempía), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille.
E qual de’ numi inimicolli? Il figlio
di Latona e di Giove. Irato al Sire
destò quel Dio nel campo un feral morbo,
e la gente pería: colpa d’Atride
che fece a Crise sacerdote oltraggio.
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