Come si fa un articolo giornalistico?
ALLA RICERCA
La prima cosa che serve è qualcosa su cui scrivere. Sembra scontato ma spesso leggo pezzi in cui si vede che l’autore era un po’ a corto d’idee. Oppure che non ha trovato abbastanza materiale. Capita. Ogni tanto anche Omero sonnecchia, dice un motto latino. Pertanto, bisogna cercare questo qualcosa su cui scrivere. I metodi canonici sono tre.
1) Il giornalista va a caccia di notizie. Ne è il testimone. È l’approccio tipico delle testate locali, di quelle sportive, di chi fa giornalismo d’inchiesta e di chi fa reportage dai luoghi in cui c’è guerra o comunque in cui è successo qualcosa di eclatante. Un altro tipo di articolo giornalistico che rientra in questa categoria è costituito dalle recensioni.
Il giornalista può dire “ho visto e quindi so”. Un po’ come oida, il perfetto di orao. Orao in greco significa “vedo” ma oida si traduce con “so”.
2) La notizia arriva da un informatore. Può essere qualcuno di interno a un’azienda, a una società, a un’organizzazione eccetera. A volte è qualcuno di esterno a queste realtà ma che sa molte cose. Non sempre queste persone vogliono rimanere nell’anonimato. In questo caso si può scrivere nome e cognome. Questo secondo scenario è l’ideale perché una fonte nota è una specie certificazione su ciò che scrive il giornalista. Alcune redazioni fanno un giro di nera, contattando le Forze dell’ordine. Esiste anche il giro di bianca. In questo caso si contattano i comuni o altre istituzioni. A me è capitato spesso di fare telefonate a delle società per chiedere se ci fosse qualche novità. Rientrano in questa categoria anche i comunicati stampa, cioè le informazioni che le aziende o enti di altro tipo (ad esempio, le società sportive) inviano alle redazioni e le conferenze stampa
3) Si consultano le agenzie stampa, altri giornali (anche stranieri) e siti web (sia italiani sia di altri Stati).
Spesso queste tre tipologie si mescolano. Naturalmente, la fonte esterna deve essere attendibile.
SCRIVERE UN ARTICOLO GIORNALISTICO
Quando siamo sicuri che la notizia è vera, possiamo scrivere l’articolo. Se il pezzo è destinato alla carta stampata, di solito dobbiamo scrivere un certo numero di battute che ci viene comunicato. Secondo me, è meglio scriverne leggermente di più. Come avete notato, ho parlato di battute e non di parole. Se scriviamo per un sito o per un blog, di solito abbiamo un po’ più di libertà. Ricordiamoci sempre che è meglio non scrivere meno di 300 parole.
L’articolo deve essere scritto con un linguaggio semplice ed elegante. Se il pubblico del giornale è formato soprattutto da addetti ai lavori, possiamo permetterci qualche tecnicismo i più. A volte, usiamoli anche se il pubblico è più generalista, magari spiegandoli.
Seguiamo la regola delle 5 w + 1, quella dell’abc (accuratezza, brevità, chiarezza) e quella della piramide rovesciata (informazioni essenziali all’inizio e poi la spiegazione). Se è possibile, suddividiamo il pezzo in paragrafi. Curiamo in modo particolare sia l’incipit sia la chiusura.
Dopo averlo finito, rileggiamolo, usiamo il correttore automatico e il lettore vocale. Ma siccome i refusi sono sempre in agguato, di solito un articolo viene riletto anche da altre persone della redazione. I refusi sono diversi dagli errori, ci tengo a dirlo.
Il titolo
Nelle grandi redazioni esiste la figura nel titolista. In quelle piccole tutti fanno un po’ tutto. Ma anche qui non è detto che sia l’autore di un articolo a fare il titolo. Rileggiamo anche il titolo perché se presenta qualche errore se ne accorgono tutti subito. Lo dico perché spesso si trascura.
TIPI DI ARTICOLO GIORNALISTICO
Gli articoli parlano di cronaca (nera, politica, sportiva, giudiziaria, bianca e rosa) o di cultura e curiosità (eventi, recensioni, ricorrenze, storia eccetera). Gli elzeviri sono un tipo particolare di recensione. Si rivolgono a un pubblico colto e usano un linguaggio forbito. Il nome viene dal font omonimo, che a sua volta viene da quello di stampatori olandesi Elzevier. Anche la terza pagina è di carattere culturale. Nei giornali odierni non è quasi mai in terza pagina.
Abbiamo poi i trafiletti (articoli brevissimi), i coccodrilli (per quando muore qualcuno ma si scrivono quando è ancora vivo), i reportage, le vignette, le inchieste e le interviste.
Ci sono anche gli articoli di fondo e i redazionali, in cui non dà una notizia ma un’opinione su un fatto rilevante. La differenza sta nel fatto che di solito i fondi sono scritti dal direttore.
Anche alcune rubriche e i fogliettoni hanno lo scopo di dare un’opinione. Questi ultimi hanno un taglio basso e non parlano di politica.
Chiudiamo con i corsivi. Wikipedia li definisce così:
Il corsivo, nel giornalismo, è un breve commento, incisivo, polemico oppure ironico, su una singola notizia, un personaggio o una vicenda d’interesse pubblico. Più che descrivere i fatti, veicola l’opinione del suo autore su di essi.
La denominazione deriva dal fatto che, quando nacque, questo tipo di articolo veniva scritto in corsivo per sottolineare, anche graficamente, la differenza rispetto al carattere tondo con cui veniva stampato il resto degli articoli.
Per la prossima volta, provate a scrivere un articolo giornalistico.